Ecumenical Prayer Cycle

sabato 10 ottobre 2020

Memoria e ringraziamento

Sabato 10 ottobre, nello spazio antistante l'obitorio dell'Ospedale degli Infermi di Biella, si è svolta una cerimonia in ricordo di tutte le persone decedute durante la pandemia da Covid19: un'occasione per stare accanto ai loro familiari e amici e per ringraziare gli operatori della salute per lo straordinario impegno professionale e umano profuso in quei giorni. Si è voluto così riunire i lutti individuali in un momento comunitario, per mostrare che quelle persone e famiglie sono parte integrante dell'unica comunità civile. A me è stato affidato il saluto di congedo.


 

Le mie intendono essere parole non di conclusione
ma di apertura al futuro,
brevi, perché il futuro è sempre tutto da scrivere.
Oggi abbiamo fatto memoria di persone care che ci hanno lasciato senza che le potessimo abbracciare e senza che potessimo essere abbracciati da loro. 
Abbiamo voluto dire grazie a uomini e donne che si sono spesi nel prendersi cura gli altri.
Abbiamo vissuto un momento di commiato collettivo che non può certo sostituire il saluto intimo e personalissimo che ciascuno avrebbe voluto dare ai suoi cari, senza poterlo fare.
È quindi qualcosa di molto meno di quello che avremmo voluto vivere in questi mesi,
ma anche molto di più,
perché quello di oggi ha cercato di essere un saluto corale,
della cittadinanza tutta,
di esseri sociali pensanti e amanti, magari anche credenti,
di quella comunità civile che insieme formiamo.
Nel dolore e nella prova non siamo soli e non dobbiamo lasciare solo nessuno.
Avremo ancora molto bisogno di questa consapevolezza.
Siamo infatti entrati in un lungo cammino di prova e di cura:
qualunque prova e avversità possiamo incontrare, 
sta a noi percorrerlo animati dalla passione per la cura dell’altro.
Questo saluto finale, quindi, non conclude,
ma apre al futuro,
a quanto ci aspetta ora nel prenderci cura della debolezza e della fragilità della nostra umanità, di ciascuno di noi, della collettività nel suo insieme a cominciare dai più vulnerabili tra noi.
Vorremmo che questo luogo – l’obitorio, ora lugubre anche nel nome – potesse diventare un luogo permanente di memoria e di  ringraziamento, un luogo di consolazione, anche.
Magari riusciremo anche a trovargli un nome più adatto,
un nome capace di scaldare il cuore e non di raggelarlo,
un nome che evochi carezze e umanizzi la morte.
Intanto cercheremo di renderlo meno anonimo, più sereno, di abbellirlo con immagini, colori, qualche opera d’arte…
Ci prenderemo cura del verde con cui oggi lo abbiamo ornato,
delle piante che segneranno le stagioni.
Cercheremo di farlo interagire con i luoghi che – all’interno dell’ospedale – vogliono essere spazi di pace, silenzio, riflessione, preghiera:
la cappella, la stanza del silenzio…
Sarà un segno concreto, quotidiano della cura che ci prendiamo gli uni per gli altri.
Arrivederci e… continuiamo a contare gli uni sugli altri. Grazie