sabato 17 marzo 2018

Libri e volti della Chiesa

La rivista Vita & Pensiero, nella sua edizione online VP Plus+ ha avviato un dibattito sullo stato della cosiddetta "editoria cattolica", chiedendo ad alcuni editori di intervenire.

Qui riporto i pensieri che ho scritto a nome delle Edizioni Qiqajon.

L’analisi accomuna due settori molto diversi come la narrativa e la saggistica (teologia, storia, spiritualità…), ma in ogni caso tra i dati sociologici andrebbe esplicitato l’invecchiamento del bacino dei lettori “forti” in ambito religioso, dovuto anche alla drastica riduzione del numero dei “cattolici praticanti”, specialmente tra le nuove generazioni, nonché dei presbiteri, religiosi e religiose.
Così quello che era un punto di forza dell’editoria cattolica – il “circuito chiuso” e virtuoso di editori, riviste, librerie e distributori che si alimentavano reciprocamente – è divenuto, a seguito della rarefazione del pubblico di riferimento, un punto di debolezza e un elemento di asfissia.

Inoltre le proposte (o i rimpianti) evocate riguardano autori di un’altra generazione, che potremmo definire i “classici” del pensiero cristiano del ‘900. La ricerca e la valorizzazione di “forze giovani e preparate” non è così agevole: è l’insieme del dibattito ecclesiale che da tempo ha visto spegnersi la vivacità della stagione che ha preceduto e accompagnato il Vaticano II e la sua ricezione.
È infine motivo di profonda amarezza constatare che il rapido declino dell’editoria cattolica verso “l’anno zero” si sia verificato in concomitanza con la stagione del “Progetto culturale” della C.E.I.:
le cospicue risorse a disposizione non hanno favorito la seminagione di un rinnovato pensiero teologico e di una spiritualità capace di ricollocare il Vangelo al cuore dell’annuncio cristiano.

D’altronde l’interrogativo che dovrebbe porsi un editore “cattolico” non è tanto “dove trovo il prossimo bestseller?” quanto piuttosto “che volto di Chiesa offro con il mio catalogo?”.

mercoledì 14 marzo 2018

Il centuplo accanto

Un mio commento al Vangelo di Marco 10, 28-34
che ritrovate anche nella pagina del sito di Bose

Pietro prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito»...


Gesù ha appena affermato le esigenze della fedeltà nell’amore, ha indicato i bambini come coloro che sanno accogliere il regno e quindi esservi accolti, ha posto l’abbandono e la condivisione dei beni come condizione per abbandonarsi a lui e condividerne il cammino.
Schietta e spontanea come sempre sgorga dal cuore di Pietro la reazione che sentiamo così nostra: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito!”. Marco, a differenza di Matteo, non aggiunge altro, non c’è qui il “che cosa ne avremo?” cui pare rispondere Gesù. No, qui c’è solo il fiero “noi ci siamo! Abbiamo rotto i ponti con il nostro passato e ti stiamo seguendo, come ci hai chiesto. È vero, non capiamo tutto quello che ci dici, ci lasci sgomenti e impauriti con i tuoi annunci di una passione infamante… Però siamo qui, dietro a te, Signore!”.
E Gesù, come sempre, prende sul serio quella roccia che esce più salda da ogni dubbio che la assale, che si riscopre più ferma dopo ogni contraddizione che la scuote, che rinascerà ancor più fedele perfino dopo lo smarrimento totale del rinnegamento e il pianto dirotto del pentimento.
Gesù risponde a Pietro e a quelli che in ogni tempo si riconoscono nelle sue parole con un’affermazione inaudita: mai nessuno ha osato chiedere di lasciare tutto “per causa sua” prima ancora che per causa del Vangelo! Mai nessuno ha identificato se stesso con il Vangelo, la buona notizia di vita piena ed eterna per l’umanità intera e per tutto il creato. Questa unicità che Gesù rivendica per sé spazza via ogni ragionamento su meriti e ricompense attese – se giudichiamo a partire da quello che alberga nel nostro cuore e nella nostra mente, Pietro vi pensava eccome… – e sposta l’attenzione su un altro aspetto ben più decisivo: Gesù chiede a Pietro e a ciascuno di noi di renderci conto che già ora, in questo momento in cui tante domande ci assalgono sul futuro di passione o di gloria, già qui e ora noi stiamo beneficiando della promessa del Signore.
Abbandonare tutto sembra azione del passato, ma il suo legame con la sequela di Gesù lo rende compito quotidiano, cammino incessante. Ebbene in questo cammino intrapreso – non una volta per tutte, ma tutti i giorni di nuovo – noi riceviamo già, “in questo tempo” il centuplo in “case” (spazi vitali in cui habitare in unum, non proprietà immobiliari), “campi” (terreni fecondi di cui nutrirci, non latifondi di sfruttamento) e “fratelli, sorelle madri e figli” (non di sangue, ma per beneplacito di Dio). Tutto questo lo abbiamo, se solo sappiamo guardare la realtà con gli occhi di Dio, se solo facciamo del nostro abbandonare tutto un cammino e non un rimpianto, se solo agiamo per causa di Gesù e del suo Vangelo.
Dopo queste parole i discepoli osservano “sgomenti” Gesù che cammina davanti a loro e lo seguono “impauriti”. Da dove nascono sgomento e paura se il terzo annuncio della passione, morte e resurrezione avviene dopo e non prima di queste parole di Gesù sulla sequela? Forse, di quella promessa realizzata del centuplo attorno a loro, i discepoli avevano accolto solo quell’inciso che evocava “persecuzioni” come parte del dono, forse erano incapaci di scorgere il fratello nella persona accanto, forse non scorgevano davanti a sé né case né campi ma solo una croce.
Forse non avevano, non abbiamo ancora lasciato tutto e cominciato a seguire Gesù.