sabato 27 gennaio 2018

Uomini e donne di Dio

Oggi papa Francesco ha autorizzato la promulgazione dei Decreti relativi a una ventina di prossimi nuovi Beati, tra cui il vescovo di Orano Pierre Claverie, 7 monaci trappisti di Tibhirine e altri 11 religiose e religiosi uccisi in Algeria nella tragica stagione di metà anni '90, nella quale anno perso la vita quasi 200.000 algerini.
Inoltre sono state dichiarate le virtù eroiche di Madeleine Delbrêl.
Questa coincidenza mi tocca in modo particolare: a suo tempo, infatti, avevo tradotto e curato per le Edizioni Qiqajon l'edizione italiana di Più forti dell'odiogli scritti di fr. Christian de Chergé e dei suoi fratelli monaci di Tibhirine; mentre alcuni anni or sono Piero Gribaudi Editore mi aveva richiesto la presentazione di un volume dell'Opera omnia di Madeleine Delbrêl, Umorismo nell'amore, che riprendo integralmente in questo post.


























È così diversa dalla altre questa raccolta di scritti di Madeleine Delbrêl, eppure limmagine dellautrice che ne emerge è così conforme alla Madeleine che in tanti abbiamo imparato a conoscere e ad amare in questi ultimi decenni... Troviamo qui davvero la Delbrêl che potremmo aspettarci, ma non perché parte degli scritti sono già stati pubblicati, ma piuttosto perché ci viene mostrato con dovizia di particolari il rovescio dellarazzo che è la sua vita e la sua testimonianza.
Abbiamo in queste pagine la gratuità della scrittura e del pensiero di questa donna che ci ha abituato alla concretezza della lotta, al rigore del pensiero, alla radicalità nel coniugare fede cristiana e passione per lumanità più semplice, povera, sofferente. Potremmo dire che se altri scritti ci presentano ilpane” - il cibo essenziale e necessariodella vita e dellazione di Madeleine, se nelle altre opere ritroviamo la sua fede ragionata e combattuta, il suo travaglio interiore, qui troviamo ilvinodella gratuità e della leggerezza, il sorriso dellamicizia, la radiosità dell’affetto. I testi qui raccolti non sono stati scritti in modo organico, uno dopo l’altro, secondo una precisa logica interna: sono frasi occasionali che però hanno costellato l’intera esistenza della Delbrêl e hanno segnato tutti coloro che le sono stati accanto o che l’hanno incontrata anche solo per il breve spazio di qualche giorno.
Sono parole che rivelano il senso profondo che per Madeleine aveva anche il silenzio: “Tacere non è non dire nulla: è mettere in ascolto tutte le potenze dell’anima”. E lei qui mette in campo, fa giocare tutte le potenze della sua anima, tutte le risorse della sua personalità: amore per la musica e la danza (come dimenticare lo stupendo “ballo dell’obbedienza”?), schizzi e disegni, testi teatrali, canzoni e parodie... Era una donna fatta così, una cristiana temprata dalla quotidianità, capace di calare i grandi spazi dello spirito nella stanza di un appartamento, su un marciapiede, nella cupa atmosfera di una fabbrica: “la tua volontà sia fatta in casa nostra come in cielo”. Non aveva forse parafrasato così un’invocazione del Padre nostro?
Con questo spirito, Madeleine non perdeva occasione per far passare un annuncio evangelico nelle piccole realtà di ogni giorno e di ogni festa: natali, anniversari, compleanni, una riunione, un viaggio, le sofferenze e le speranze dei preti operai, della povera gente... Trovare tutte insieme queste scintille di Vangelo è come scoprire un colore di fondo nel quadro complessivo della vita di Madeleine Delbrêl, un colore cui non sappiamo dare altro nome che “luce”. Capiamo allora tante cose da queste note eterogenee, a cominciare dalla dimensione spirituale di una persona che non invecchia con il passare degli anni. Del resto, “la sola vera vecchiaia” è “l’egoismo” che dobbiamo chiedere incessantemente a Dio di sradicare dal nostro cuore: è infatti il cuore docile, un cuore di carne, che ci consente di restare nel soffio dello Spirito. Per questo è sul nostro cuore che dobbiamo vigilare con cura e passione durante tutta la vita: “Quando il cuore indurirai, qualunque sia la tua età, allontànati”, prendine le distanze, va’ altrove è il consiglio, anzi, uno dei “comandamenti” di Madeleine.
Da queste pagine emerge la figura di un “giullare di Dio”, una cristiana in fremente e gioiosa attesa davanti alla porta dell’incontro con l’Amato del suo cuore: “la sola porta che si apre sulle nozze di Dio con i suoi amicièla porta dellamore, della sollecitudine fraterna”. A questa porta Madeleine è rimasta affezionata per tutta la vita: ha atteso paziente all’esterno, non si è stancata di bussare, l’ha aperta per far entrare chi era fuori, l’ha varcata per uscire incontro a chi era rimasto escluso... Sollecitudine fraterna per lei voleva dire aiutare gli altri a camminare con le proprie gambe, accompagnarli per un tratto di cammino, come scriverà a una coppia di amici spagnoli repubblicani, duramente provati dalle vicende del loro paese: “Vorremmo camminare con voi fino alla felicità del mondo intero”. E, per far questo, conosceva bene il bisogno che c’è di sapersi fermare a riposare, a riflettere, a contemplare: “Se si vuole aiutare gli altri a camminare, bisogna sapersi sedere!”. Vengono qui alla mente la parole di un poeta statunitense, Robert Frost: “il miglior modo per venirne fuori / è sempre passarci in mezzo”. Affrontare con calma e risolutezza le situazioni anche più avverse è premessa al loro superamento. E Madeleine ha saputo passarci in mezzo e venirne fuori portando con sé anche gli altri.
“Io terrò Dio accanto a te”, scrive la Delbrêl a un ideale interlocutore ateo. Ecco, credo che l’esistenza di Madeleine sia stata innanzitutto questo: tenere Dio accanto a quelli di cui lei si faceva prossimo, sull’esempio lasciato da Gesù stesso ai suoi discepoli. Così, con la sua povera vita è stata capace di realizzare quello che lei stessa auspicava come testimonianza della chiesa: “che Cristo Chiesa ci insegni a riconoscerlo dove egli è e a portarlo dove egli non è”.


mercoledì 24 gennaio 2018

Compagni di pellegrinaggio

Nel quadro dei lavori del Gruppo di Studio Teologico per il Pellegrinaggio di Giustizia e Pace,di cui faccio parte come membro cattolico, il sito web del Consiglio ecumenico delle Chiese ha avviato la pubblicazione di una serie di studi biblici sulla tematica del pellegrinaggio.
I primi sette sono usciti in questi giorni e altri ne seguiranno nel corso del 2018, settantesimo anniversario della fondazione del Consiglio Ecumenico delle Chiese.
Pubblico qui di seguito l'originale italiano del mio contributo.


PJP BIBLE STUDIES
Luca 24: 13-35
Introduzione
Il racconto dei discepoli di Emmaus non parla di un pellegrinaggio verso la città santa di Gerusalemme, ma un andarsene via da essa, delusi. Senza speranza e attesa escatologica non è possibile camminare con e verso la giustizia e la pace: queste infatti sono dono di Dio e solo come tali possono divenire profezia nel nostro mondo.
Lo sconosciuto ascoltato e accolto rianima i cuori nel momento della condivisone della tavola: allora anche il ritorno sui propri passi diventa via nuova.

Riflessione
Lungo la strada due discepoli, di cui uno anonimo: rappresenta ogni discepolo di Gesù, ciascuno di noi. Un cammino a ritroso rispetto alla salita a Gerusalemme compiuta da Gesù e rispetto anche al pellegrinaggio compiuto pochi giorni prima per la Pasqua dei Giudei. Un'ignoranza delle Scritture che è ignoranza di Cristo. Una disillusione che copre di cenere le braci della speranza pur pronte a riaccendersi. Un impeto di solidarietà umana verso il pellegrino sconosciuto e che non è bene che prosegua da solo il cammino sul far della sera. Gli occhi che si aprono allo spezzare del pane e che non vedono più nulla ma capiscono ogni cosa. La corsa a ritroso per raccontare agli altri ciò che non si può raccontare: l’incontro con il Signore risorto.
Questi gli elementi del brano evangelico dei discepoli di Emmaus, un episodio che possiamo leggere anche da un'altra angolatura, mettendoci dietro alle tre figure che camminano su una strada di campagna, mettendoci alla sequela di Gesù stesso, seguendo le orme di quel pellegrino non immediatamente riconoscibile. È una prospettiva che ci può far scoprire un altro insegnamento lasciatoci da Gesù: diventare noi stessi compagni di pellegrinaggio di un'umanità smarrita e disillusa.
Forse, da questa angolatura, come Gesù, saremmo capaci di accostarci ai nostri fratelli e sorelle in umanità per ascoltare le loro speranze e le loro delusioni, per cogliere la tristezza, per capire la diffidenza di chi non vede nella propria vita e attorno a sé quelle energie di risurrezione di cui altri gli parlano. Come Gesù, sapremmo allora rendere parola di vita ogni versetto della Scrittura ricollocandolo nel compimento di una promessa più grande di quella annunciata da qualsiasi liberatore politico. Come Gesù sapremmo discernere lo slancio di umanità che porta a condividere casa e mensa con lo sconosciuto che non si può lasciare per strada quando la notte avanza. Come Gesù, sapremmo allora scostare la cenere della pigrizia, ridestare la passione nei cuori e restituire luminosità allo sguardo che discerne nel pane spezzato il corpo donato. Oggi non sappiamo con precisione quale dove sia il villaggio di Emmaus: forse è un invito a identificarlo con ogni villaggio abitato da cuori che desiderano ardere e sperare Su quella strada, che da Gerusalemme torna indietro verso ogni nostro villaggio, ciascuno di noi incontra discepoli noti e discepoli anonimi, uomini e donne, incontra pellegrini sconosciuti che celano un Gesù misconosciuto, ma soprattutto incontra e reincontra se stesso, riscopre di avere un cuore e delle speranze, occhi per vedere e orecchi per ascoltare, ritrova se stesso in piena solidarietà con ogni essere umano. Questo testo ci parla di tre spazi mediatori dell’autentica presenza di Cristo Risorto, tre luoghi i cui incontriamo il Cristo vivente: la Scrittura, l’Eucaristia, la comunità. Spazi intercomunicanti in una sinergia vitale grazie all’azione dello Spirito Santo che accende l’incendio del cuore, provocato dalla spiegazione della Parola. I discepoli, tramite lo Spirito Santo, riconoscono Gesù nello spezzare il pane, nell’Eucaristia. Lo Spirito Santo provoca il loro ritorno alla comunità da cui si erano separati. Gesù ci prende per mano sulla nostra strada, ci spiega le Scritture e ci dice: nelle Scritture sono presente, se tu ascolti la Parola Dio, ti brucerà il cuore per la mia presenza. Ci offre il banchetto eucaristico: è il pane spezzato dell’Eucaristia che ti apre gli occhi e ti rende capace di riconoscermi presente. E poi Gesù ci ricorda la sua presenza nella comunità di fratelli e sorelle, nella Chiesa. In questi tre luoghi Gesù risorto si fa presente tra noi ancora oggi, lì c’è il suo volto autentico. Il cammino che ci attende da quel giorno senza fine della risurrezione di Gesù è un cammino di fede in quel Cristo sofferente e vincitore di cui parlano tutte le Scritture, è un pellegrinaggio di speranza e di attesa del suo ritorno per prenderci con sé, un pellegrinaggio di carità che smuove la cenere e riaccende quel fuoco che ogni persona, creata a immagine e somiglianza di Dio, cova nel proprio cuore. E in questo pellegrinaggio della vita, il cristiano deve sapere ascoltare la voce dell’altro. Così, un filosofo italiano non credente invita i suoi amici cristiani a leggere il brano di Emmaus: “Quel che è da fare è camminare insieme, saper mutare il transito in dimora. È questo il senso profondo e nascosto del racconto di Emmaus [...]. Per un non credente quel che accade qui non è il rivelarsi di Gesù come Dio o di Dio in Gesù, ma è il reciproco incontrarsi degli uomini nella scoperta della loro comune fragilità. Nella fractio panis, nella “condivisione”, gli uomini reciprocamente si affidano. Siamo stranieri sulla terra. Non è importante la meta, ma lo stare per via. Bisogna saper camminare insieme. Bisogna anche saper sostare: rendersi gli uno sostegno degli altri. Per tutti, infatti, cala la sera” (Salvatore Natoli, Dizionario dei vizi e delle virtù, Feltrinelli, Milano 1996, pp. 14-16).
Nella sera che cala per ciascuno, l'eucaristia ci fa intraprendere di nuovo questo cammino ogni volta che la Scrittura è spiegata, il pane è spezzato, il sangue è versato, l'amore è condiviso.

Domande
  • Che cosa “avevamo tanto sperato” nella nostra vita e cosa ancora oggi “ci fa ardere il cuore nel petto”?
  • Qual è la nostra capacità di “camminare insieme”, anche con il forestiero sconosciuto, di ascoltarne le parole e comprenderne i gesti, di non abbandonarlo al calar della sera?

Azioni
  • Attivare una “pastorale della strada” capace di avvicinare le persone – in particolare gli homeless – per ascoltarne i bisogni e alleviarne le sofferenze.
  • Offrire spazi ecclesiali in cui i conflitti possano essere affrontati come occasioni di un comune cammino di conversione e non come trattative tra nemici per un “cessate il fuoco” (cfr. Truth and Reconciliation Commission – South Africa)

Risorse

B.P. Robinson, “The Place of the Emmaus Story in Luke-Acts” in New Testament Studies, vol. 30, Oct 1984, n° 4.

Anne-Marie Pellettier, “Les disciples d’Emmaüs (Luc XXIV, 13-35)” in Lectures bibliques. Aux sources de la culture occidentale, Natahn-Cerf, Paris 1994, pp. 305-3012.

Rowan Williams' poem – Emmaus, text commented by Dr Katherine Firth:

Some classic and contemporary pictures on Emmaus scene: