UN
DIGIUNO PER DISCERNERE UN DIRITTO
Non
sono un insegnante, ogni giorno a contatto con bambini e ragazzi di
ogni etnia da
rendere partecipi dell’essenza
di una cultura e di una convivenza civile. Non ho figli che ogni
giorno studiano, giocano, litigano, vivono con coetanei di cui
ignorano il passaporto. Non sono un politico, chiamato a tradurre in
leggi e norme i principi e i valori universali, applicandoli a una
realtà particolare.
Sono
un cristiano al quale il suo
Signore e Maestro ha detto: “Quando
digiuni,
non diventare
malinconico
come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli
altri che digiunano… Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa
e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo
il Padre tuo, che è nel segreto”.
Sono
un monaco e, come tale, cerco di fermarmi alla soglia dell’azione
politica, pur sapendo che molti dei gesti che compio ogni giorno
hanno una valenza politica in senso forte.
Il
digiuno, nella vita cristiana e monastica che cerco di vivere
quotidianamente, non è una forma di ascesi meritoria, tanto meno è
uno strumento politico: è un tempo e una condizione che favorisce la
preghiera e il discernimento. Privarmi per qualche ora del cibo mi
aiuta a discernere ciò che mi nutre e mi sostiene, ciò che è
essenziale e ciò che è secondario nella vita, a vedere me stesso e
gli altri in una luce differente, una luce e uno sguardo che vorrei
fossero quelli
di Gesù Cristo.
Per
queste ragioni, come cristiano e fratello universale, come cittadino
del mondo, di cultura e passaporto italiani, digiunerò dal tramonto
di giovedì 12 ottobre all’alba di sabato 14 ottobre, in
solidarietà con lo sciopero della fame “a staffetta” indetto per
sollecitare l’approvazione da parte del Senato della Repubblica
della legge cosiddetta sullo “ius
soli temperato”
o “ius
culturae”,
già approvata dalla Camera dei Deputati e tesa a riconoscere a
bambini, ragazzi e giovani minori che vivono in Italia quello che già
sono: italiani a tutti gli effetti.
È
un piccolo gesto – risibile per alcuni, criticabile per altri –
di cui non sono nemmeno in grado di misurare l’efficacia, né
mi interessa esserlo.
Ma desidero
porre un
segno tangibile, vissuto con le fibre del mio corpo, di idee e
convincimenti che abitano il mio cuore e che condivido con fratelli e
sorelle in umanità. Un gesto personalissimo, compiuto però in
solidarietà con altri, a testimoniare una comune ricerca di ciò che
ritengo
giusto per tutti.
Con
questi sentimenti, per dirla molto più semplicemente, aderisco allo
sciopero
della fame per lo ius
soli.
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