venerdì 6 ottobre 2017

UN DIGIUNO PER DISCERNERE UN DIRITTO

Non sono un insegnante, ogni giorno a contatto con bambini e ragazzi di ogni etnia da rendere partecipi dell’essenza di una cultura e di una convivenza civile. Non ho figli che ogni giorno studiano, giocano, litigano, vivono con coetanei di cui ignorano il passaporto. Non sono un politico, chiamato a tradurre in leggi e norme i principi e i valori universali, applicandoli a una realtà particolare.
Sono un cristiano al quale il suo Signore e Maestro ha detto: “Quando digiuni, non diventare malinconico come gli ipocriti, che assumono un'aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano… Invece, quando tu digiuni, profùmati la testa e làvati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo il Padre tuo, che è nel segreto”.
Sono un monaco e, come tale, cerco di fermarmi alla soglia dell’azione politica, pur sapendo che molti dei gesti che compio ogni giorno hanno una valenza politica in senso forte.
Il digiuno, nella vita cristiana e monastica che cerco di vivere quotidianamente, non è una forma di ascesi meritoria, tanto meno è uno strumento politico: è un tempo e una condizione che favorisce la preghiera e il discernimento. Privarmi per qualche ora del cibo mi aiuta a discernere ciò che mi nutre e mi sostiene, ciò che è essenziale e ciò che è secondario nella vita, a vedere me stesso e gli altri in una luce differente, una luce e uno sguardo che vorrei fossero quelli di Gesù Cristo.
Per queste ragioni, come cristiano e fratello universale, come cittadino del mondo, di cultura e passaporto italiani, digiunerò dal tramonto di giovedì 12 ottobre all’alba di sabato 14 ottobre, in solidarietà con lo sciopero della fame “a staffetta” indetto per sollecitare l’approvazione da parte del Senato della Repubblica della legge cosiddetta sullo “ius soli temperato” o “ius culturae”, già approvata dalla Camera dei Deputati e tesa a riconoscere a bambini, ragazzi e giovani minori che vivono in Italia quello che già sono: italiani a tutti gli effetti.
È un piccolo gesto – risibile per alcuni, criticabile per altri – di cui non sono nemmeno in grado di misurare l’efficacia, né mi interessa esserlo. Ma desidero porre un segno tangibile, vissuto con le fibre del mio corpo, di idee e convincimenti che abitano il mio cuore e che condivido con fratelli e sorelle in umanità. Un gesto personalissimo, compiuto però in solidarietà con altri, a testimoniare una comune ricerca di ciò che ritengo giusto per tutti.

Con questi sentimenti, per dirla molto più semplicemente, aderisco allo sciopero della fame per lo ius soli.


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