giovedì 21 marzo 2019

Ecumene - Parole e Luoghi

Dal mese di gennaio ho iniziato a tenere una rubrica sul mensile Luoghi dell'Infinito, in edicola ogni primo martedì del mese assieme al quotidiano Avvenire.
Ho pensato di scegliere 11 parole per narrare l’ecumenismo e la ricerca dell’unità visibile dei cristiani
e di accostare loro 11 luoghi che quei termnini possono evocare. Un modo per dare "luogo" all'u-topia (il non-luogo) dell'unità dei cristiani.
Potete qui trovare i testi man mano che vengono pubblicati sul mensile.
Il primo termine non poteva che essere "Unità" e il luogo "Gerusalemme"





Gerusalemme è costruita come città unita e compatta” canta il Salmo 122,3 e gli fa eco un altro: “di Sion sarà proclamato: ‘Ogni uomo è nato in essa; l’Altissimo, lui stesso, la tiene salda’. Il Signore scrive nel libro dei popoli: ‘Costui è nato là!’, ma tutti danzeranno cantando: ‘In te, [o Sion,] le nostre fonti!’” (Sal 87,5-7). E Giovanni, il Veggente di Patmos, profetizza: “E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme scendere dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21,2).
È da qui, dalla Gerusalemme celebrata nei Salmi, dalla nuova Gerusalemme prefigurata nell’Apocalisse, che deve prendere avvio ogni riflessione sull’unità dei cristiani. Ed è nella Gerusalemme storica che i primi discepoli di Cristo, riuniti attorno a Maria nella Camera alta il giorno della Pentecoste, ricevono lo Spirito che farà di loro “un cuore solo e un’anima sola” (At 4,32): è “cominciando da Gerusalemme” che “nel nome di Gesù saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati” (cf. Lc 24,47).
Sì l’unità “dei cristiani” – non “della Chiesa”, che non ha mai cessato di essere “una, santa cattolica e apostolica” – si fonda sull’unità dei discepoli che si ritrovano dopo lo sgomento, il rinnegamento, l’abbandono e la dispersione con cui avevano reagito alla fine delle loro speranze segnata dalla passione e morte del loro Maestro e Signore (cf. Lc 24,21).
Quando ripensiamo alle vicende della Chiesa nei due millenni nei quali si sono dispiegati “ questi giorni che sono gli ultimi” (cf. Eb 1,2) siamo tentati di dire che l’unità dei cristiani va ricercata nonostante un passato di divisioni, di scandalosa contraddizione della volontà del Signore. Ma più in profondità e in verità, dietro a noi sta l’unità visibile dei credenti in Cristo, quella stagione che nel cuore e nella mente di Dio non ha mai fine e nella quale “Non c'è giudeo né greco; non c'è schiavo né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù” (Gal 3,28). 
Il nostro futuro di cristiani ancora separati, ancora capaci di infliggerci reciprocamente la ferita della mancanza di unità visibile, ancora infedeli al loro Signore al punto di offrire al mondo la controtestimonianza della divisione, il nostro futuro è determinato da ciò che ci precede, non dal perpetuarsi del nostro peccato. È l’unità che ci precede e ci attende, è l’unità che ci viene incontro ogni volta che ci convertiamo all’unico Signore, è l’unità che suscita, anima e sostiene ogni nostro sforzo per tradurla in parole e opere di comunione.
Interrogarsi sulla nostra distanza dall’unità voluta dal Signore per i suoi discepoli significa interrogarsi su cosa ne abbiamo fatto di quella Gerusalemme, città “visione di pace” che chiama all’unità: oggi la visione che offre Gerusalemme non è di pace ma di guerra, non di unità ma di separazione. Eppure è lì che ha preso vita la Chiesa madre, quella comunità nata ai piedi della croce, dove il Figlio crocifisso ha affidato la Madre al discepolo amato e il discepolo amato – cioè ognuno di noi – alla Madre. È lì, in quel sepolcro vuoto così pieno di senso e custodito nei secoli dalle preghiere di generazioni di cristiani di ogni nazione, etnia, popolo e lingua (cf. Ap 7,9), lì sono le nostre fonti di cristiani, lì il nostro luogo di nascita, lì la nostra saldezza nelle intemperie della vita. Lì il luogo del nostro “ritorno al Signore”, lì la nostra possibilità di conoscere la misericordia del Signore nei confronti del peccato di ciascuno di noi e dello scandalo comunitario della divisione tra i cristiani.


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