martedì 22 agosto 2017

Sogni incrociati

SOGNI INCROCIATI
E STORIE CHE CRESCONO ASSIEME A CHI LE NARRA

Vi è una novella delle Mille e una notte che da secoli continua a essere narrata, rielaborata, reinterpretata e a stimolare la fantasia di narratori di ogni lingua e tradizione culturale. È quella della Notte 351 o dei due sogni.
Jorge Luis Borges la fa sua nel Libro dei sogni (1976) con il titolo, Storia dei due che sognarono. Questa versione ispirerà anche la trama de L’Alchimista (1988) di Paulo Coelho. Più recentemente Roberto Vecchioni inserirà il racconto di Borges, riscrivendolo, in La vita che si ama. Storie di felicità (2016).
Ma io resto affezionato alla versione “chassidica” che Martin Buber ha fatto rivivere ne Il cammino dell’uomo (1990).
Riporto a seguire, per un affascinante confronto, il testo di Borges e quello di Buber con l’inizio del suo denso commento.



Storia di due che sognarono

Raccontano uomini degni di fede che al Cairo c’era un uomo che possedeva grandi ricchezze, ma era così magnanimo e liberale che le perse tutte esclusa la casa di suo padre, vedendosi così costretto a lavorare per guadagnarsi il pane.
Lavorò così tanto che una notte il sonno lo colse ai piedi di un fico nel suo giardino e in sogno gli comparve un uomo fradicio che estrasse dalla bocca una moneta d’oro e gli disse: “La tua fortuna risiede in Persia, a Isfaján; vai a cercarla”. Al mattino seguente si svegliò e intraprese il lungo viaggio, affrontò i pericoli del deserto, delle navi, dei pirati, degli idolatri, dei fiumi, delle bestie e degli uomini.
Arrivò infine a Isfaján, e in questo territorio lo sorprese la notte, così si stese a dormire nel cortile di una moschea. C’era, vicino alla moschea, una casa, e per del Dio Onnipotente una banda di ladri attraversò la moschea e vi si introdusse. Le persone che dormivano si svegliarono con il frastuono dei ladri e chiesero aiuto. Anche i vicini urlarono, finché il capo delle guardie di quel distretto accorse con i suoi uomini e i banditi fuggirono dal tetto.
Il capo fece controllare la moschea e trovandovi l’uomo del Cairo lo fece frustare con canne di bambù, talmente tanto che quasi morì. Si svegliò dopo due giorni in carcere. Il capo lo mandò a cercare e gli disse: “Chi sei e qual è la tua patria?” L’altro dichiarò: “ Sono della famosa città del Cairo e il mio nome è Mohamed El Magrebí”. Il capitano gli chiese: “Cosa ti ha condotto in Persia?” Egli optò per la verità e disse: “Un uomo mi ha ordinato in sogno di venire a Isfaján, dicendomi che lì ci sarebbe stata la mia fortuna. Ora sono a Isfaján e vedo che la fortuna che mi fu promessa dev’essere la fustigazione che mi hai tanto generosamente dato.”
Davanti a simili parole, il capitano rise fino a mostrare i denti del giudizio e terminò dicendogli: “Uomo sciocco e credulone, tre volte ho sognato una casa nella città del Cairo, al cui fondo c’è un giardino, e nel giardino una meridiana e dopo la meridiana un fico e dopo quello una fonte, e sotto a questa un tesoro. Non ho dato il minor credito a tale bugia. Tu, invece, figlio di una mula e del demonio, sei andato errando di città in città, sotto la sola fede del tuo sogno. Che non ti veda più a Isfaján. Prendi queste monete e vattene.”
L’uomo le prese e ritornò nella sua patria. Sotto la fonte del suo giardino (che era quella del sogno del capitano) dissotterrò il tesoro. Così Allah lo benedisse e lo ricompensò.
Jorge Luis Borges (traduzione di Chiara Franchini)


Là dove ci si trova
Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. Il capitano scoppiò a ridere: “E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l’altra metà Jekel!”. E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata “Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel”. “Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c’è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare”.

Anche questa è una storia molto antica, presente in numerose letterature popolari, ma la bocca chassidica la racconta in un modo veramente nuovo. Non è stata semplicemente trapiantata dall’esterno nel mondo ebraico: è stata completamente rifusa dalla melodia chassidica nella quale viene raccontata; ma neanche questo è ancora decisivo: l’elemento realmente decisivo è che la storia è divenuta trasparente e ora emana la luce di una verità chassidica. Non le è stata incollata una “morale”, al contrario, il saggio che l’ha raccontata nuovamente ne ha finalmente scoperto e rivelato il significato autentico.
C’è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova.
Martin Buber (traduzione di Gianfranco Bonola)

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