Uomini
di Dio
La
vicenda dei 7
monaci di Tibhirine, rapiti nel
marzo 1996 dal
loro monastero e di cui vennero ritrovate dopo oltre un mese le
teste, è uno degli eventi che mi ha maggiormente segnato come uomo,
come cristiano e come monaco.
Ho
tradotto e curato tre edizioni successive di una raccolta di loro
scritti, il cui titolo italiano – Più
forti dell’odio
(Piemme 1997,
poi Qiqajon
2006
e 2010)
– si è decisamente staccato dall’originale francese Sept
vies pour Dieu et l’Algérie
(Bayard/Centurion
1996) per
aiutare il lettore italiano, per il quale è
meno significativo evocare l’Algeria,
ad andare al cuore del messaggio di quei monaci.
Proprio
per questo lavoro editoriale, sono stato contattato dai distributori
italiani del film –
Lucky
Red
– ispirato
a quella vicenda per approntare una scheda di presentazione e
proporre un possibile titolo italiano, al posto dell’originale Des
hommes et des dieux,
letteralmente Uomini
e dèi.
La scelta, che ebbe l’approvazione del regista Xavier Beauvois, è
caduta su Uomini
di Dio
ed è stata criticata, anche fortemente, da alcuni recensori
italiani. L’accusa era di aver fatto scomparire il doppio plurale,
“uomini” e dèi” che, a detta dei critici, avrebbe indicato
cristiani e musulmani da un lato e Dio di Gesù Cristo e Allah
dall’altro.
In
realtà nemmeno in francese l’intenzione del regista era quella.
Nei titoli di testa del film, infatti, scorre il versetto di un
Salmo: “Io [Dio] ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli
dell’Altissimo, ma certo morirete come tutti gli
uomini, cadrete
come tutti i potenti” (Sal
82,6).
Si
voleva cioè indicare la grandezza e la caducità di ogni essere
uomo, che ha in sé la potenzialità di elevarsi ad altezze sublimi,
ma anche la fragilità della propria mortalità.
Uomini
di Dio,
allora, si riferisce sia ai monaci che ai loro amici e vicini
musulmani, capaci di custodire la dignità umana anche al cuore della
barbarie che attraversava l’Algeria in quegli anni. E l’unico Dio
cui rimanda il titolo italiano è quello verso il quale si
indirizzano tutti i credenti in Lui, cristiani o musulmani che siano,
ciascuno innalzando – per usare l’immagine cara a fr. Christian
de Chergé, il priore di Tibhirine – uno dei due montanti di una
scala tenuta insieme dai pioli della preghiera, dell’elemosina, del
digiuno, dell’affidamento fiducioso al Dio misericordioso.
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