giovedì 31 agosto 2017

TITOLI E TRADUZIONI/3 Uomini di Dio

Uomini di Dio

La vicenda dei 7 monaci di Tibhirine, rapiti nel marzo 1996 dal loro monastero e di cui vennero ritrovate dopo oltre un mese le teste, è uno degli eventi che mi ha maggiormente segnato come uomo, come cristiano e come monaco.
Ho tradotto e curato tre edizioni successive di una raccolta di loro scritti, il cui titolo italiano – Più forti dell’odio (Piemme 1997, poi Qiqajon 2006 e 2010) – si è decisamente staccato dall’originale francese Sept vies pour Dieu et l’Algérie (Bayard/Centurion 1996) per aiutare il lettore italiano, per il quale è meno significativo evocare l’Algeria, ad andare al cuore del messaggio di quei monaci.
Proprio per questo lavoro editoriale, sono stato contattato dai distributori italiani del film – Lucky Red – ispirato a quella vicenda per approntare una scheda di presentazione e proporre un possibile titolo italiano, al posto dell’originale Des hommes et des dieux, letteralmente Uomini e dèi. La scelta, che ebbe l’approvazione del regista Xavier Beauvois, è caduta su Uomini di Dio ed è stata criticata, anche fortemente, da alcuni recensori italiani. L’accusa era di aver fatto scomparire il doppio plurale, “uomini” e dèi” che, a detta dei critici, avrebbe indicato cristiani e musulmani da un lato e Dio di Gesù Cristo e Allah dall’altro.
In realtà nemmeno in francese l’intenzione del regista era quella. Nei titoli di testa del film, infatti, scorre il versetto di un Salmo: “Io [Dio] ho detto: Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo, ma certo morirete come tutti gli uomini, cadrete come tutti i potenti” (Sal 82,6). Si voleva cioè indicare la grandezza e la caducità di ogni essere uomo, che ha in sé la potenzialità di elevarsi ad altezze sublimi, ma anche la fragilità della propria mortalità.
Uomini di Dio, allora, si riferisce sia ai monaci che ai loro amici e vicini musulmani, capaci di custodire la dignità umana anche al cuore della barbarie che attraversava l’Algeria in quegli anni. E l’unico Dio cui rimanda il titolo italiano è quello verso il quale si indirizzano tutti i credenti in Lui, cristiani o musulmani che siano, ciascuno innalzando – per usare l’immagine cara a fr. Christian de Chergé, il priore di Tibhirine – uno dei due montanti di una scala tenuta insieme dai pioli della preghiera, dell’elemosina, del digiuno, dell’affidamento fiducioso al Dio misericordioso.







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