martedì 15 maggio 2018

Il servizio che non avrà mai fine

Oggi, nella Festa di san Pacomio, monaco e padre di ogni santa koinonia,
viene proclamato il brano del Vangelo (Luca 12,32-40)
in cui viene annunciato che il Signore, quando tornerà nella gloria,
compirà per i suoi quel gesto di servizio che ha compiuto durante tutta la sua vita,
donata per gli amici.
Ecco il gesto che anche noi possiamo compiere ogni giorno,
sapendo che - come l'amore - non avrà mai fine.





Luca 12,32-40

32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
33Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34Perché, dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro! 39Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. 40Anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo".


“Non temere piccolo gregge … Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune … Il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità i salvati … Il padrone al suo ritorno si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli”. In questo intreccio di testi lucani c’è tutta l’avventura evangelica di Pacomio e c’è anche il cammino che la sua intuizione cenobitica ha tracciato per la nostra vicenda comunitaria sotto la guida del Vangelo.
Siamo un piccolo gregge che non deve temere. Non deve temere perché sa che il Signore lo accompagna nonostante e al di là delle sue infedeltà, perché sa che l’unità che solo il Signore edifica è più grande del Divisore e delle divisioni che questi suscita, perché, soprattutto, sa che le energie della risurrezione sono sempre più forti della morte e delle sue contraddizioni. Un piccolo gregge che deve restare piccolo anche se e quando ingrossa le sue fila – anche se non quanto la comunità pacomiana – e che non deve temere nemmeno questa crescita, ma solo il raffreddarsi della carità.
Per questa sfida umanamente impossibile basta stare tutti insieme e avere ogni cosa, ogni realtà, ogni bene in comune, nella solidarietà dei peccatori e nella misericordia dell’Unico che i peccatori li ha sempre amati e li ama come figli perduti e ritrovati. Tutti insieme, con un cuore solo e un’anima sola, quella di Cristo.
È dalla qualità dello stare tutti insieme e del condividere ogni cosa che il Signore – e lui solo – riconosce la comunità cristiana e monastica che è nascosta al cuore di una “banda”di uomini e donne i quali hanno un unico intento e per i quali il Signore ha procurato una casa dove abitare insieme e accogliere gli altri.
A questa comunità il Signore fa il dono grande di aggiungere i “salvati”, cioè coloro che lui ha già salvato con la sua morte e risurrezione, non coloro che pensano di mettersi in salvo entrando in una comunità. Questi “già salvati”, dono di Dio, talora assumono il volto di nuovi fratelli o sorelle, talaltra hanno i tratti familiari o sconosciuti dell’ospite, del pellegrino, dello straniero, molto più spesso, anzi “ogni giorno” il Signore accresce la ricchezza della comunità con il dono del fratello e della sorella che è sempre “nuovo” anche se ci sta accanto da mesi, anni, decenni. E di tutte queste “aggiunte di Dio” la comunità e ciascuno di noi è chiamato a farsi carico, rallegrandosi delle “visite del Verbo” che esse rappresentano.
Un farsi carico che si manifesta molto semplicemente – di quella semplicità evangelica che noi costantemente cerchiamo di complicare – nel servizio quotidiano, nel cingersi la veste da lavoro, nel rimboccarsi le maniche, nel procurarsi il cibo e nel trasformarlo in “regalo”, in dono da re per chi noi consideriamo presenza di Cristo in mezzo a noi.
Sì, perché Cristo è in mezzo a noi ogni giorno come colui che serve e il Vangelo odierno ci ricorda che sarà in mezzo a noi proprio così, come servitore alla tavola della comunità, anche al suo ritorno. Un Signore che Pacomio ha saputo riconoscere perché lo ha contemplato rivestito degli abiti del servitore, sotto le sembianze di semplici cristiani che si erano fatti carico di povere reclute nella sofferenza. Il nostro Signore, il Signore della gloria è il servo che lava i piedi, nell’ultima cena come nell’ultimo giorno.
Allora anche noi sappiamo qual è il nostro criterio di discernimento e il nostro cammino di discepoli che si vogliono vigilanti, sappiamo a cosa dedicarci ora e fino all’ora della nostra morte, come abbiamo professato davanti a Dio, alla chiesa e ai fratelli e alle sorelle: al servizio della carità nel celibato e nella vita comune.

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